Questa la battaglia giudiziaria di una cittadina padovana contro lo Stato per cambiare le regole del gioco per tutte le donne, sostenuta dall’associazione Il Cantiere delle donne che ha chiamato a rapporto le istituzioni, l’Università di Padova e il mondo politico, in maniera bipartisan. E I RISULTATI?





Nelle liste elettorali ancora oggi, nel 2025, le donne devono essere inserite con il proprio cognome e quello del marito, per rispondere ad un decreto regio. Anche le vedove.
Succede che questa cosa non sta in tasca ad una cittadina della provincia di Padova che decide, in nome della libertà di tante altre donne come lei, di fare “causa allo Stato”, a sue proprie spese, per una questione di principio.
Lei è Martina Acazi lavoratrice autonoma, regista e operatrice di camera per produzioni televisive, cinematografiche, documentariste e dei nuovi media, residente a Ponte San Nicolò.
La dottoressa Acazi nel 2020, al momento di esercitare il diritto di voto per il referendum costituzionale, ha scoperto che, a seguito del matrimonio, nelle liste elettorali del Comune di residenza è stato aggiunto il cognome del marito al suo nome.
Nel 2021 ha iniziato un procedimento giudiziario nei confronti del Ministero dell’Interno per far cancellare dalle liste elettorali il cognome del marito che, in base a una legge del 1967, deve essere aggiunto al nome di ogni donna coniugata e vedova.
Da qui è partito un iter giudiziario che ha visto e vede Martina seguita da due avvocati, uno padovano e uno romano.
Il ricorso è stato rigettato dal Tribunale di Padova prima e dalla Corte d’appello di Venezia poi. Le sentenze di merito hanno affermato che la Costituzione consentirebbe ai Comuni di aggiungere al nome della donna coniugata il cognome del marito essendovi espressa previsione normativa vigente.
Nel settembre 2024 il Ministero dell’Interno ha diramato una circolare interpretativa (n. 75 del 2024 DAIT) in materia di tessere elettorali affermando che il cognome del marito deve essere aggiunto alle tessere elettorali solo ove sia la donna stessa a richiederlo.
La questione delle liste elettorali rimane però immutata, attesa la diversa disciplina e natura dei due istituti.
La Dott.ssa Acazi ha proseguito l’iter giudiziario proponendo ora ricorso innanzi la Suprema Corte di cassazione. Si attende la fissazione della data di trattazione del ricorso.
Nel frattempo Martina Acazi ha deciso di rendere nota al grande pubblico la sua vicenda giudiziaria per sollevare un velo rispetto ad una questione che riguarda tutte e si è affidata nel farlo alla realtà alla quale è associata, Il Cantiere delle donne che da sempre si batte per aiutare le donne a trovare la propria libertà, parità e spazio nel mondo.
Ecco che il Cantiere, come da sua filosofia e operato, ha deciso di dare voce a questa storia, anche mediaticamente parlando, portando all’attenzione del grande pubblico la battaglia di Martina in nome di tutte le donne, organizzando una conferenza stampa/ tavola rotonda chiamando a rapporto tutti i partiti politici, in maniera bipartisan, perché si facciano ambasciatori di un cambiamento possibile e ormai quasi necessario e il Dipartimento di Scienze Politiche Giuridiche e studi Internazionali (SPGI) dell’Università di Padova, dipartimento con il quale l’associazione ha già organizzato e portato avanti una scuola di Politica “Ri-appassioniamoci alla politica. A scuola di leadership per un buon governo delle istituzioni” – Corso di formazione” nel 2023-2024, in collaborazione con l’associazione Alumni dell’università di Padova.
E sempre per fare squadra con le istituzioni , a promuovere la conferenza stampa è stato Vincenzo Gottardo consigliere delle Provincia di Padova e ed Eleonora Paccagnella Assessore ai Rapporti con le Istituzioni del Comune di Limena e Consulente Legislativo presso la Camera dei Deputati, organizzatrice dell’incontro di poco meno di una settimana fa in Camera dei Deputati, assieme al Cantiere delle donne e ad alcune associazioni del Comune di Limena.
Alla conferenza stampa erano presenti tutti i partiti rappresentati da :
- Etta Andreella consigliera comunale Pd Padova
- Elena Zennaro, Unione di Centro, vice sindaco di Chioggia
- Luigi Sabatino, capogruppo provinciale di Fratelli d’Italia
- Vanessa Camani Consigliera Regionale Pd
- Olga Rilampa Responsabile del Dipartimento Pari Opportunità Lega del Veneto
- Sergio Gerotto Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche Giuridiche e studi Internazionali (SPGI) · dell’Università di Padova
- Francesca Gislon Avvocata, Direttivo del Cantiere delle donne
- Martina Acazi con l’avvocato Aurora Luciani
Ha moderato la tavola rotonda Micaela Faggiani giornalista e Presidente de Il Cantiere delle donne
La conclusione è stata bipartisan e con un impegno comunque a smuovere il legislatore prima della Corte Costituzionale o dei giudici per una questione di parità di genere e di rispetto del diritto all’uguaglianza e all’autodeterminazione di tutti.
“Secondo la riforma del diritto di famiglia del 1975 ai sensi dell’art. 143-bis c.c. la moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze. Una frase che ci fa accapponare la pelle – ha sottolineato Etta Andreella – una questione di cui non devono occuparsi solo i tribunali ma il Parlamento”
La normativa è inattuale – ha spiegato l’avvocato della protagonista Aurora Luciani – è superata dalla normativa sulle tessere elettorali, dove c’è non più l’obbligo ma la mera facoltà di mettere anche il cognome del marito oltre al proprio. Al momento i primi due gradi di giudizio hanno per noi avuto esito negativo, ora siamo in attesa della Corte di Cassazione. Siamo in attesa o che venga riconosciuta l’implicita abrogazione della normativa delle liste elettorali grazie alla successiva legge sulle tessere elettorali o che venga sollevata la legittimità costituzionale. La ratio della normativa che prevedeva obbligo dell’associazione tra nome donna e marito (prassi necessaria solo per consentire il recapito del plico delle tessera elettorale) oggi non è infatti più attuale”.
Nel corso della conferenza stampa si è citata una circolare del Ministero dell’interno che solleva la questione per le tessere elettorali e che potrebbe essere attualizzata anche per le liste elettorali.
“La questione è ancora più ampia – ha specificato Vanessa Camani consigliera regionale del Pd – perché riguarda anche un elemento di riservatezza e non serve per esercitare il proprio diritto di voto . Siamo ancora una volta di fronte ad una battaglia culturale contro un impianto paternalistico che permane nelle istituzioni pubbliche. Credo che non solo il Parlamento debba farsene carico ma gli stessi comuni che possono scegliere di avvalersi della facoltà di non indicare cognome del marito nella tessera elettorale. Tra l’altro mi chiedo: ha ancora senso dividere gli elettori in maschi e femmine? Escludendo tutto una fetta della popolazione che non si identifica in questa divisione biologica? Si potrebbe dividere semplicemente per lettera…questa sarebbe una dimostrazione di cultura veramente inclusiva”
La responsabile delle pari opportunità della Lega del Veneto Olga Rilampa ha invece ricordato come – dovremmo ragionare in chiave costituzionale dove ci viene chiesto di individuare la persona sulla base della sua identità. Il Ministero dell’Interno sta andando in questa direzione con tessera elettorale, noi come Lega riconosciamo la libertà della scelta di ogni donna in questo senso. La stessa giurisprudenza è orientata in chiave di facoltà e non di obbligo. Nella forma e nella sostanza vogliamo tutelare i diritti della donna, verso un’emancipazione vera che guardi anche alla conciliazione del lavoro e della famiglia, della maternità e dei congedi parentali”
Elena Zennaro, vice sindaco di Chioggia, Unione di Centro.
“La Corte Costituzionale e la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo ci chiedono di tutelare uguaglianza e unità familiare, dobbiamo metterci tutti assieme lavorando per cambiare la norma così come è stato fatto per il doppio cognome per i figli. Siamo sulla strada giusta.”
Luigi Sabatino consigliere provinciale Fratelli D’Italia.
“Dobbiamo tutelare la libertà di scelta anche per chi volesse mantenere anche il cognome del marito. Anche il governo è orientato su questa questione, la circolare del ministero va in questa direzione ma non fa legge. Dobbiamo capire come risolvere il problema e superare retaggi culturali. Tra l’altro c’è un disegno di legge in Senato che riguarda questa questione ma non c’è stato nemmeno un passaggio in Commissione Istituzionale. In pratica è tutto fermo. E non è corretto che il Parlamento continui ad aspettare le decisioni della Cassazione. Il problema non è legislativo ma politico.”
Avvocata Francesca Gislon. Direttivo del Cantiere delle donne.
“Questa non è una questione di lana caprina ma è un passo importante come può essere stato il rifiuto del matrimonio riparatore di Franca Viola. Martina Acazi è una donna che si è mossa per i diritti di tutte le altre donne. Qui non si sta parlando di parole vuote ma di diritto all’identità e di continuare a lavorare per una cultura alla parità di genere effettiva”
A chiudere gli interventi il prof. Sergio Gerotto, docente di diritto pubblico oltre che Direttore di Spgi dell’Università di Padova.
“Credo che per tutto sia necessario contestualizzare e quella norma riporta alle esigenze dell’epoca che però sono superate. Qui stiamo parlando non di diritto di famiglia ma del diritto di voto che è qualcosa di personale. Il legislatore deve aggiornare le norme ma lo fa con grande lentezza. Aggiungo.
C’è ancora distinzione tra uomo e donna sul diritto di voto ma soprattutto ha senso ancora usare questa distinzione per agevolare le operazioni di voto? Basterebbe fare una lista unica come si fa con gli esami universitari.
Certo le distinzioni non sono sempre discriminazioni ma lo possono diventare se non ragionevoli o non servono allo scopo . In questo caso non c’è scopo ragionevole c’è solo una limitazione di diritto di uguaglianza e autodeterminazione. La costituzione ci dice che l’unica limitazione all’uguaglianza può essere motivata dal preservare l’unità familiare. Non credo che imporre il cognome del marito preservi l’unità familiare….Credo che ancora una volta la palla passi al legislatore prima che ai giudici come in questo casi. E che il legislatore abbiamo un sassolino nella scarpa da togliersi il prima possibile per garantire effettiva parità e diritti a tutti, che la legge sia uguale per tutti.”
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